Uno sguardo dall’Alto: a tu per tu con Franco Olivetti
Una mostra tutta da visitare quella del fotografo Franco Olivetti Uno sguardo dall’Alto al Pantheon di Roma. Noi siamo andate a fare quattro chiacchiere dietro all’obiettivo.
Sei il primo fotografo al mondo che può esporre in un luogo così mistico: le tue impressioni.
Essendo romano sento molto forti le radici con la città, la prima sensazione è di grande orgoglio, esporre nel luogo forse meglio conservato dell’Antica Roma, l’atmosfera, la luce filtrante dalla cupola dà un nonchè di affascinante mistero.
Che cosa rappresenta la mostra.
La Mostra è nata dalla voglia di riprendere la bellezza della vita quotidiana, situazioni di tutti i giorni, una normalità semplice composta da persone comuni vista da una prospettiva insolita.
Da dove è nata l’idea.
L’idea è nata da una immagine non presente in Mostra che allego a questa mia, Roma Piazza del Popolo anno 2006. Le 22 foto proposte sono infatti realizzate dal 2006 fino ad oggi.
La foto cui sei più legato.
La foto a cui sono più legato è “Vite Asimmetriche” realizzata a Stoccolma nel 2008. In genere preferisco quelle situazioni dove viene descritta una moltitudine di persone in situazioni diverse come quella di Parigi (dove sono pedoni e ciclisti) o in silouette quella di Milano in Piazza Duomo in BN.
Da dove parte il tuo approccio alla fotografia.
Nel 1978 (già da anni come bambino quando capitava scattavo con la Zeiss di mio papà) fu casuale. Lavoravo in laboratorio di Eliografia e disegni, uno dei lavoranti cambiava Reflex ed io comprai Una Zenith E russa a 35.000 lire, da quel momento ad oggi la fotografia ha accompagnato la mia vita ogni giorno.
Da quando fotografi, come è cambiata la fotografia e come sei cambiato tu.
Negli anni successivi, diciamo fino al 1985 ho passato il tempo ad acquisire la tecnica, ovviamente anche gli anni successivi. La fotografia penso che non sia in realtà cambiata, almeno quella che intendo io, i mezzi tecnici quelli si. Mi spiego meglio. Pur avendo provato le varie discipline fotografiche ritengo che quando uno scatto viene riconosciuto dall’immaginario collettivo come rappresentazione di un periodo storico, per esempio l’immagine della bambina nuda con il napalm che esplode dietro rappresenta per tutti la guerra del Vietnam così come il bacio tra il marinaio e l’infermiera a Time Square racconta la fine della 2^ guerra mondiale. Il reportage non cambia, il modo di fare fotografia tecnicamente, sono passato al digitale gradatamente dal 2002, quello si cambia ma avere avuto una grande esperienza nell’analogico aiuta e molto, capisci quello che fai. Forse questo manca a chi inizia oggi e fotografa istintivamente anche in modo Naif con Smartphone od altri mezzi digitali, questo è interessante da un punto di vista creativo, lo è meno se fatto in modo totalmente superficiale. Io ho affinato con il tempo il mio approccio con le immagini desiderando sempre più di riprendere la vita di tutti i giorni cercandone la bellezza, quanto sarebbe bello vivere in un mondo di “normalità”. Non amo fotografare persone sofferenti o in difficoltà, non mi giro da un altra parte bensì queste problematiche le vivo con un altra sensibilità, le tengo ben presenti ma non le fermo in immagini.
Le tre caratteristiche che deve avere un bravo fotografo.
Una buona tecnica che si acquisisce con un po’ di tempo e dedizione. Cuore e testa, ecco queste sono due cose fondamentali per essere artista oltre che fotografo, le hai o no, questo non te lo insegna nessuno.
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